CABER Magazine

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È una storia avvincente e affascinante quella dello zafferano. Riconosciuta come una delle spezie più preziose e costose del mondo, le sue origini affondano nell’antichità.

Citato in molte opere, come nelle Metamorfosi di Ovidio e nell’Iliade di Omero, lo zafferano viene probabilmente menzionato per la prima volta in un testo scritto nel XV secolo a.C., su un papiro egizio. Se ne parla anche nel Cantico dei Cantici del Vecchio Testamento.


Da dove arriva lo zafferano e quali strade ha percorso

 

Questa spezia, che si ottiene dagli stigmi del fiore del Crocus Sativus, pianta appartenente alla famiglia delle Iridacee, è originaria dell’Asia Minore. Da lì la coltivazione del Crocus si estese in Grecia e un po’ in tutta l’Africa settentrionale, diventando protagonista di un intenso commercio.  

In quei tempi gli stigmi di zafferano venivano utilizzati per la cosmesi, in ambito medico e religioso e per colorare i vestiti. 

Nel secolo VII furono probabilmente gli Arabi a introdurlo in Europa attraverso la Spagna, un paese in cui ancora oggi la coltura Crocus Sativus è ancora largamente praticata. Ad avvalorare questa tesi, l’etimologia del termine spagnolo Azafràn, che deriva appunto da quello arabo Al Zafaran.

Non abbiamo certezza sull’arrivo dello zafferano in Italia. Tuttavia a un certo punto, per le favorevoli condizioni pedoclimatiche, la sua coltura si diffuse anche nelle regioni centrali della nostra penisola. Fra le varie ipotesi c’è quella secondo cui a introdurlo in Italia fu un monaco del Tribunale dell’Inquisizione che nel XVI secolo lo portò dalla Spagna all’Abruzzo. Ma con tutta probabilità la sua coltura era già presente in Sicilia, in Sardegna e in varie aree dell’Italia centrale anche prima di questa data.

Visto il commercio fiorente di questa spezia, che viaggiava da sud a nord attraverso la via Francigena e le altre grandi vie di scorrimento della Penisola, nel corso dei secoli la sua coltivazione si diffuse a macchia d’olio, tanto che in Abruzzo, fra la fine dell’800 e l’inizio del 900,  nella sola provincia dell’Aquila era coltivata a zafferano una superficie di 500 ettari.

Negli ultimi secoli l’evoluzione dell’economia, dei consumi e degli stili di vita, con l’abbandono delle campagne, ha fatto sì che la coltivazione di Crocus Sativus si sia ridotta notevolmente, fino a diventare non un elemento principale, ma una coltura integrativa al reddito di altre produzioni.

Tuttavia da qualche decennio si è rinnovato l’interesse per questa spezia, elemento fondamentale in molte preparazioni tradizionali della cucina italiana, come il risotto, che è tornata ad essere protagonista in ambito gastronomico e non solo.

 

Se con questo affascinante viaggio da Oriente a Occidente ti abbiamo incuriosito, sperimenta subito lo zafferano in cucina provando quello in polvere o in pistilli di Caber!

 

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